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La creatività ed il pensiero divergente

 

La creatività

 

Diciamo subito che essendo una definizione già di per sé limitante, voler definire la creatività è immediatamente poco creativo in quanto limita un concetto in poche parole. La parola creatività, infatti è una di quelle parole che abbracciano nell’uso corrente così tanti significati da finire per diventare ambigua.

Di origine latina, il termine “creazione” esprime l’idea di cosa fatta, vale a dire creata, ma l’etimologia della parola creazione comprende anche la “crescita”: crescere, svilupparsi, creare continuamente, trarre dal nulla.

La creatività è: libertà, è essere sé stessi al mondo, capacità di esprimere un pensiero originale, capacità di vedere nuovi rapporti, di produrre idee e intuizioni insolite che aprono quindi nuovi orizzonti.

La creatività è un concetto pervasivo che può essere adottato indifferentemente nei più disparati campi di attività dell’essere umano e che permea il suo stesso modo di essere e di agire; è un modo libero di vedere e sentire il mondo e di stabilire nuovi rapporti tra le cose, nonché un insieme di attitudini e capacità riferibili a qualsiasi campo dello scibile e dell’agire umano.

È l’attitudine a rompere gli schemi tradizionali di risposta attraverso la libertà.
Gli uomini d’arte, i musicisti, i pittori, i creativi, i poeti, infatti, non sottopongono le loro scelte al vaglio critico della razionalità, ma permettono all’energia psichica di fluire liberamente. In questo modo sono in grado di creare un nuovo rapporto d’azione con il mondo esterno attraverso la “sintesi magica” di cui parla Silvano Arieti (1979).

Nelle varie situazioni della nostra vita tendiamo ad utilizzare modalità ripetitive e solite nel “leggere il mondo”; questo possiamo definirlo IO quotidiano (IOQ). Poco frequente è invece ricorrere ad una modalità che permetta di vedere nuove possibilità definiamo questo IO creativo (IOC).

La creatività nel quotidiano è proprio questo: non ritenere che le cose, per non si sa quale congiunzione astrale o determinismo psicologico siano stabilite una volta per tutte ma, al contrario, rendersi conto che niente è irreparabile. Cambiare il mondo in cui si vive è per prima cosa cambiare sé stessi: attraverso la ginnastica dell’immaginazione, applicando la forza dell’immaginazione all’inerzia della realtà.
L’immaginazione utilizzata consapevolmente è una leva capace di sollevare montagne di routine e di smuovere abitudini consolidate.

L’IOC va gradualmente lasciato emergere: e perché ciò avvenga la condizione necessaria è abbandonare temporaneamente il proprio sapere e le proprie esperienze consolidate, fare il vuoto, sospendere il giudizio, per molti sul piano del vissuto corrisponde a ”diventare un altro sé”.

Ecco allora che lavorare sulla propria creatività significa dare spazio all’IOC che attraverso la propria creatività esprime il vero sé, permette l’irrompere della propria soggettività; contrariamente all’IOQ, che rappresenta un IO socialmente utile attraverso il quale si offre un’immagine accettabile di sé, si recita e con il quale in genere tutti dicono la stessa cosa,

Il pensiero divergente fu elaborato da Guilford nel 1967 ed è caratterizzato da alcuni elementi, in particolare:


  • La fluidità:ossia la quantità di idee prodotte, senza fare riferimento alla loro qualità
  • La flessibilità:ossia la capacità di passare senza “perdere il filo” da un’idea all’altra
  • L’originalità:ossia la capacità di trovare idee insolite
  • L’elaborazione:ossia la capacità di approfondire fino in fonda la propria idea
  • La valutazione:ossia la capacità di valutare quale sia l’idea più pertinente allo scopo designato, tra tutte quelle pensate.

Questo tipo di ragionamento sembra derivare da un cambiamento di prospettiva sulla situazione e sulla sua visione complessiva, che dà adito così a nuove possibilità.

Questo pensiero è stato definito “pensiero produttivo” in contrapposizione al “pensiero riproduttivo”, dove il soggetto riproduce meccanicamente situazioni apprese nel passato attraverso forme di ragionamento anch’esse apprese.

Il pensiero produttivo si definisce pertanto attraverso un cambiamento del punto di vista della situazione, che genera una sua ristrutturazione e l’affacciarsi di nuove idee alla soluzione del problema. La componente creativa in questi casi gioca un ruolo fondamentale, perché permette di rompere gli schemi mentali con cui normalmente siamo abituati a elaborare le situazioni, per trovare nuove idee e proposte.

Bisogna sottolineare però che il pensiero divergente non è migliore del pensiero convergente, perché quest’ultimo può aiutarci a risolvere molti problemi in maniera strutturata e specifica, che è allo stesso tempo fondamentale in alcune situazioni. Il pensiero divergente e convergente sono due modi complementare di risolvere situazioni e problemi, e il soggetto deve essere in grado di attivare o uno o l’altro elemento a seconda della situazione.

Edward De Bono, studioso della creatività, negli anni ’60 ha coniato il termine lateral thinking, ossia pensiero “laterale”, per contrapporlo all’altra forma di pensiero da lui definita “verticale” (De Bono, 1994, 5).

Vediamo più in dettaglio le specificità dei due tipi di pensiero:

  • pensiero verticale: è il pensiero logico e sequenziale che si fonda sulla programmazione lineare di una serie di gradini logici da affrontare uno dopo l’altro. È come mettere assieme una pila di cubi a formare una torre, o come salire una scala.

Il pensiero verticale è tipico della mente che ragiona, della logica stringente e orientata verso risposte precise, con prove di tipo chiuso. La mente in questo caso segue regole ben precise, sentieri già battuti.

  • pensiero laterale: si fonda sulla ricerca deliberata di nuove prospettive, nuovi punti di vista da cui esaminare il problema, angoli visuali innovativi che permettono che consentono di rompere gli schemi percettivi abituali e

trovare un approccio al tempo stesso semplice, originale ed efficace alla questione da risolvere. È il pensiero esplorativo e generativo che porta a nuove idee, nuovi concetti. Il pensiero laterale è il pensiero che si allontana dal noto e dall'atteso, soprattutto non è utilizzato per dimostrare ipotesi precostituite.

Infatti per generare nuove risposte bisogna ricorrere al pensiero laterale, tipico di quando ci si allontana dal noto, dall'atteso, da sentieri battuti.

Diversi studiosi della creatività hanno cercato di comprendere il processo creativo scomponendolo in distinte fasi. G. Wallas elabora una teoria sul processo creativo che sarà poi ripresa con pochi cambiamenti da molti altri. Per Wallas (1926) la nascita di un’intuizione passa attraverso quattro principali fasi: Preparazione - Incubazione - Illuminazione - Verifica.

La prima fase della preparazione si configura come un momento preliminare, durante il quale l'individuo raccoglie dati, pensa in modo libero, cerca e ascolta suggerimenti, vaga con la mente;

La seconda fase, lo stadio dell'incubazione è deducibile dal fatto che tra il periodo della preparazione e quello dell'illuminazione trascorre un tempo variabile spesso lungo. Di questo momento è molto interessante l’aspetto dell’elaborazione inconscia, nella quale i meccanismi di “aggregazione delle parti” operano all’insaputa della persona;

  • l'illuminazione: è la fase più commovente, dove poco prima vigeva la confusione e l'oscurità, ora le soluzioni e le idee appaiono e affluiscono con chiarezza, può essere un'intuizione improvvisa, o una visione chiara, o una sensazione, qualcosa tra un'impressione e una soluzione, altre volte invece è il risultato di uno sforzo prolungato;
  • la verifica chiude questa sequenza; essa è necessaria affinché la soluzione possa superare la valutazione critica dell'innovatore o di un gruppo. In questo momento avviene la messa a punto definitiva del prodotto creativo, in tutti i suoi particolari. Si sottolinea che ogni fase ha caratterizzazioni diverse rispetto alle componenti conscia e inconscia.

Per Mednick (Pagnin et al, 1974, 78) nella capacità associativa delle idee risiederebbe la caratteristica del pensiero creativo. I meccanismi che tendono a favorire delle situazioni associative assumono tre forme diverse:

  1. La serendipità: (ovvero la fortuna aiuta le menti preparate) è una modalità nella quale le combinazioni avvengono in modo fortuito, è la presenza casuale in un ambiente di stimoli appropriati ad evocare nuove associazioni: così due idee che non hanno legami possono essere messe insieme perché gli oggetti che evocano queste idee possono per caso trovarsi insieme nell'ambiente. Tale nome è stato coniato da Horace Walpole riferendosi ai personaggi di una favola “I tre Principi di Serendip” famosi per la loro abilità di scoprire cose che non cercavano.
  2. L'associazione per somiglianza: è quando due elementi evocano delle similarità nelle loro proprietà e negli 'stimoli che generano” o funzioni.
  3. La mediazione: elementi lontani tra loro sono avvicinati da uno o più elementi intermedi: "per esempio puoi mettere insieme le idee X e Z, che di solito non avrebbero nulla in comune, per mezzo dell'idea Y che è associata ad ognuna delle altre due".

Le persone così come le parole possono essere caratterizzate dall'avere i pensieri dominati da gerarchie associative ripide o piatte, intendendo originali coloro che fanno associazioni in modo piatto, in quanto atipiche e non prevedibili: non vi è una sola risposta nel loro pensiero che la sua produzione possa essere accuratamente predetta. In conclusione, è a questi individui che sarà più facile pervenire ad una soluzione di tipo creativo.

Fondamentale è stata la separazione della creatività dall’intelligenza: negli anni ’70 grazie a Paul Torrance furono sviluppati dei test di misurazione del quoziente di intelligenza (QI) e del talento creativo più precisi, i quali portarono alla conclusione che le persone creative possiedono un QI nella media (Biasion, 2017).

L’atto creativo non è da considerarsi un evento singolo, ma un processo di interazione tra elementi cognitivi ed affettivi ed è composto da due fasi, una generativa in cui la mente creativa immagina una serie di nuovi modelli mentali come potenziali soluzioni ad un problema, e una esplorativa o valutativa in cui vengono valutate le diverse opzioni e poi viene selezionata quella migliore (Finke et al., 1996). L’idea dell’esistenza di due fasi del processo creativo è coerente con i risultati della ricerca cognitiva che indica l’esistenza di due modi diversi di pensare, uno associativo e uno analitico; nella modalità associativa, il pensiero è intuitivo, nella modalità analitica, il pensiero è invece concentrato sull’analisi delle relazioni di causa ed effetto (Neisser, 1963; Sloman, 1996).

Il punto focale, portato alla luce dagli studi, è quindi che la creatività non è una proprietà unica, ma è il risultato della complementarietà tra deduzione e intuizione, tra ragione e immaginazione, tra emozione e riflessione, tra pensiero divergente e pensiero convergente (Biasion, 2017).

 

Creatività ed emozioni

Il legame fra creatività ed emozioni è molto più complesso di quanto possa sembrare poiché sembra essere regolato dall’interazione fra valenza edonica, attivazione emotiva e motivazione.

Alcune emozioni, come gioia, entusiasmo e tranquillità, hanno un tono positivo, mentre altre, come rabbiaansiatristezza, hanno un tono negativo. Attraverso evidenze neuropsicologiche si è scoperto inoltre che lo stato emotivo può essere attivante (ad alto arousal) o de-attivante (a basso arousal) (Posner, J., Russell, J. A., & Peterson, B. S., 2005). Combinando le due classificazioni si avranno stati emotivi positivi a basso arousal, come calma e tranquillità, e ad alto arousal, come felicità ed euforia, così come stati emotivi negativi a basso arousal, come tristezza e depressione, e ad alto arousal, come rabbia e paura (Catenazzi, Di Carlo, Della Morte, 2012).

Dall’analisi di queste complesse interazioni emerge che in generale gli stati emotivi positivi sono la fonte migliore per la creatività rispetto a quelli negativi. Tuttavia non bisogna dimenticare il ruolo che il livello di attivazione o arousal ha in questa equazione: se si introduce questa variabile, infatti, si scopre che solo gli stati positivi attivanti sono veramente in grado di favorire la creatività. Quindi sono le emozioni come la felicità a favorire maggiormente la flessibilità e la velocità di processamento cognitivo, che a loro volta favoriscono alti livelli di creatività e originalità, mentre le emozioni negative a basso arousal non sono correlate con un aumento della creatività e addirittura quelle negative ad alto arousal sono negativamente correlate con essa soprattutto perché riducono drasticamente la flessibilità cognitiva impedendo così di trovare nuove soluzioni (Catenazzi, Di Carlo, Della Morte, 2012).

 

Bibliografia:

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Barile, M. (2017). Cosa fare (e cosa evitare) per essere più creativi. State of Mind.

Catenazzi, U, Di Carlo, G., Della Morte, S, (2012). Il rapporto tra Creatività ed Emozioni. State of Mind.

Coon D., Mitterer J.O., (2016). Psicologia Generale, a cura di Stefano Mastandrea, UTET Università

Csikszentmihalyi M., (1997). Creativity. NewYork: HarperCollins

De Bono E., tr. it. Il meccanismo della mente, Garzanti, Milano, 1972.

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Dietrich, A. (2007). Introduction to consciousness. London, England: Palgrave Macmillan.

Finke, R. A., W. T. (1996). Creative Cognition: Theory, Research and Applications. Boston, MA: MIT Press.

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Pagnin A., Vergine S., La personalità creativa, La Nuova Italia, Firenze, 1977.

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