L'intelligenza emotiva

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Il concetto di intelligenza emotiva fu introdotto da Salovey e Mayer (1990) per descrivere “la capacità che hanno gli individui di monitorare le sensazioni proprie e quelle degli altri, discriminando tra vari tipi di emozione ed usando questa informazione per incanalare pensieri ed azioni”. Il termine fu poi reso maggiormente popolare da Goleman mediante la pubblicazione del suo libro Intelligenza emotiva (1995) che descrive l’intelligenza emotiva come un insieme di competenze o caratteristiche che sono fondamentali per affrontare con successo la vita: autocontrollo, entusiasmo, perseveranza e capacità di automotivarsi. In seguito, Mayer e Salovey (1997) estesero la definizione includendo anche la capacità di percepire le emozioni, confrontare emozioni e sensazioni, capire le informazioni che derivano da queste emozioni ed essere in grado di maneggiarle. Bar- On (1997, 2000) nel suo modello teorico definisce l’intelligenza emotiva come una somma di competenze emozionali e sociali che determinano le modalità mediante le quali una persona si relazione a sé stesso e agli altri per fronteggiare la pressione e le richieste ambientali. Secondo Goleman (1995), Mayer e Salovey (1997) l’intelligenza emotiva comprende cinque ambiti:

- conoscere le proprie emozioni

- maneggiare le proprie emozioni

- motivare se stessi

- riconoscere le emozioni degli altri

- utilizzare le competenze sociali nell’interazione con gli altri

Per quanto riguarda il riconoscere le proprie emozioni, Goleman (1995) fa riferimento allo stato di consapevolezza di sé che rende una persona in grado di riconoscere le emozioni quando queste sorgono. Secondo l’autore questa capacità è una delle basi dell’intelligenza emotiva perché l’abilità di identificare e monitorare le proprie emozioni incrementa il livello di autoconsapevolezza dell’individuo e l’abilità di controllare e monitorare la propria vita. Questa consapevolezza permette all’individuo di compiere scelte consapevoli riguardo agli eventi di maggiore, ma anche minore, importanza della vita. Secondo Shapiro (1998) la capacità di un bambino di esprimere a parole le proprie emozioni è fondamentale; imparare ad identificare e comunicare le emozioni è una parte importante della comunicazione ed è una determinante basilare per l’acquisizione del controllo emotivo. Il concetto di conoscere sé stessi nasce dall’aver consapevolezza di sé; questa si esprime nell’abilità di un individuo di guardare in modo introspettivo ai propri pensieri, sentimenti ed azioni. Sintonizzando in modo positivo il livello di conoscenza delle proprie emozioni quando i propri pensieri consci ed inconsci sono soggetti ad un’esplorazione, la persona acquisisce una competenza emozionale del sé.

Per quanto riguarda il maneggiare le proprie emozioni, Goleman (1995) definisce quest’abilità come significativa per accrescere il livello di consapevolezza di sé; essa è vista come la capacità di tollerare gli eventi positivi e negativi della nostra vita in maniera bilanciata; è una caratteristica fondamentale per la stabilità e per il benessere.

Motivare sé stessi può essere visto come la spinta che l’individuo si dà per raggiungere un certo obiettivo. Zirkel (2000) afferma che, nel tentare di capire la motivazione nell’individuo, gli studiosi pongono attenzione ai risultati verso cui un comportamento è diretto più che al comportamento in sé. Secondo Richburg e Fletcher (2002) motivare sé stessi è una delle abilità fondamentali per raggiungere un risultato. Per Lane (2000) la motivazione riflette l’abilità di creare una spinta positiva per accrescere la possibilità di raggiungere un obiettivo personale. Goleman (1995) associa la motivazione ad un flusso che può essere rappresentato come uno stato di dimenticanza del sé dove le emozioni creano un’esperienza ottimale nel raggiungimento dello scopo (Csikszenmilalyi & Csikszentmihalyi, 1988). Durante questo stato di flusso le emozioni sono positive e sono presenti sensazioni di armonia e gioia. Questo livello di emozione porta al successo perché l’individuo non si focalizza sull’azione, ma piuttosto sul piacere dell’atto.

Riconoscere le emozioni negli altri è una delle abilità sociali più importanti che accresce le capacità empatiche e le competenze sociali. Secondo Gardner (1983) la capacità fondamentale dell’intelligenza personale include “l’abilità di notare e fare distinzioni tra gli individui in base all’umore, al temperamento e alla motivazione” (p.239). Egli collega l’intelligenza interpersonale alla capacità del bambino di discriminare e individuare l’umore degli altri individui.

Per quanto riguarda l’utilizzo delle competenze sociali nell’interazione con gli altri, Richburg e Fletcher (2002) affermano che questa capacità riflette il livello di consapevolezza di sé; l’esposizione a situazioni sociali aumenta la probabilità di avere relazioni soddisfacenti.

Goleman (1995) nel suo libro “Intelligenza emotiva” analizza lo studio fatto da Block (1995) su quella che definisce “resilienza dell’ego”, un costrutto analogo a quello dell’intelligenza emotiva; nei suoi studi Block ha confrontato due tipi teorici puri: i soggetti con un elevato QI e quelli con grandi doti emozionali ed ha evidenziato che i tipi con alto QI sono abili nel regno della mente ma inetti in quello personale. I profili si differenziano leggermente a seconda che si tratti di uomini o donne. L’uomo con alto QI ha un’ampia gamma di interessi e di capacità intellettuali, è ambizioso e produttivo, fidato e ostinato e non è turbato da preoccupazioni autoriferite; tende poi ad essere critico e condiscendente, esigente e inibito, a disagio nella sfera della sessualità e delle esperienze sensuali, distaccato e poco espressivo, freddo e indifferente dal punto di vista emozionale. Invece, gli uomini che hanno una grande intelligenza emotiva si dimostrano socialmente equilibrati, espansivi e allegri, non soggetti a paure o al rimuginare di natura ansiosa; hanno poi una grande capacità di dedicarsi ad altre persone o ad una causa, si assumono responsabilità e hanno concezioni e prospettive etiche; nelle relazioni con gli altri si mostrano comprensivi, premurosi e protettivi. La loro vita emotiva è ricca ma appropriata; queste persone si sentono a proprio agio con sé stessi, con gli altri e nell’universo sociale nel quale vivono.

Hatch e Gardner (1989) identificano quattro abilità distinte come componenti dell’intelligenza interpersonale:

Capacità di organizzare i gruppi: è l’abilità essenziale del leader; comporta la capacità di coordinare gli sforzi di una rete di individui. È un tipo di talento che si osserva nei registi e negli impresari teatrali, nei militari con mansioni di comando e nei capi efficienti di organizzazioni e unità.

Capacità di organizzare i gruppi: è l’abilità essenziale del leader; comporta la capacità di coordinare gli sforzi di una rete di individui. È un tipo di talento che si osserva nei registi e negli impresari teatrali, nei militari con mansioni di comando e nei capi efficienti di organizzazioni e unità.

Capacità di negoziare soluzioni: è il talento del mediatore, capace di prevenire i conflitti o di risolvere quelli già in atto. Gli individui con questo talento eccellono nelle trattative, fanno bene gli arbitri o i mediatori nelle controversie e possono far carriera nella diplomazia, o nella legge, oppure come intermediari.

Capacità di stabilire legami personali: è la dote dell’empatia e del saper entrare in connessione con gli altri. Essa facilita l’inizio di un’interazione, il riconoscimento dei sentimenti e delle preoccupazioni negli altri e stimola la risposta adeguata. Le persone che ne sono dotate sono buoni “giocatori di squadra”, coniugi affidabili, buoni amici o partner d’affari; in ambito lavorativo sono buoni venditori o manager e possono anche divenire ottimi insegnanti. Queste persone vanno d’accordo praticamente con chiunque, riescono con facilità ad inserirsi in un gruppo e sono molto bravi a leggere le emozioni dalle espressioni facciali.

Capacità d’analisi della situazione sociale: è la capacità di riconoscere e di comprendere i sentimenti, le motivazioni e le preoccupazioni altrui. Questa conoscenza del modo in cui si sentono gli altri può facilitare l’intimità e i rapporti. Tale abilità può portare ad essere terapeuti o consulenti competenti.

 

Bibliografia

 

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Zirkel, S. (2000). Social intelligence. The development and maintenance or purposive behaviour. In Bar-On, R., Parker, J.D.A. (Eds.), The handbook of emotional intelligence: Theory, development, assessment, and application at home, school, and in the workplace, Jossey-Bass, San Francisco, CA, p.5.