l'insegnante di sostegno

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La figura dell’insegnante di sostegno nella scuola dell’autonomia: profilo e competenze professionali

 

La legge 517/77 introduce il concetto di sostegno inteso come “aiuto educativo” agli alunni con handicap, al fine di facilitare la loro piena integrazione nelle classi e nelle scuole comuni. Viene introdotta nella Scuola una logica di specializzazione della struttura ordinaria per integrare l’alunno disabile, superando il concetto di scuola speciale. Tale aiuto educativo viene affidato agli insegnanti di sostegno incaricati di operare in collaborazione con gli insegnanti delle classi che accolgono gli alunni in situazione di handicap. La Scuola diventa un attore sociale importante per il “recupero” del portatore di handicap e la sua sottrazione dai margini sociali, attraverso una presa in carico, condivisa con le altre agenzie socio-sanitarie, dei suoi diritti all’integrazione sociale. In tale visione, il ruolo dell’insegnante di sostegno è quello di promotore di interazione all’interno e all’esterno della scuola e di esperto di individualizzazione: la programmazione educativa individualizzata diventa il luogo di azione strategica e di comunicazione tra famiglia medici e insegnanti.

Vengono introdotti, per l’insegnante di sostegno, nuovi spazi operativi attraverso i concetti di collegialità e inter-professionalità.

A validare la necessità del docente di sostegno, con competenze specifiche, è il D.M. del 3 giugno 1977[1] con il quale vengono approvati i programmi dei corsi di specializzazione per la formazione iniziale dei docenti di sostegno, rivolta all’integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap. Nella Premessa del Decreto, viene esplicitato come i programmi dei corsi vengono stabiliti a partire da due esigenze fondamentali: il carattere polivalente della specializzazione del docente e la visione unitaria dell’alunno pur nella differenziazione delle difficoltà. Le competenze dei docenti specializzati vengono specificamente elencate nel Decreto: capacità di analisi delle proprie e altrui motivazioni; capacità di operare vive relazioni umane; capacità di iniziativa correlata alla disponibilità all’azione pluriprofessionale con interventi coordinati sulla realtà sociale e in ordine alla stretta integrazione tra scuola, famiglia e ambiente sociale; larga tolleranza alle frustrazioni; capacità di autodeterminazione nell’aggiornamento permanente.

Qualche anno dopo, la Circolare Ministeriale 28 luglio 1979, n. 199[2], richiama l’attenzione sui compiti affidati all’insegnante specializzato, riaffermandone il valore del lavoro che svolge, che non deve mai essere interpretato in modo riduttivo, e sottolineando l’importanza della contitolarità, ponendolo allo stesso livello all’insegnante di classe. L’insegnante di sostegno è inteso corresponsabile della classe, coinvolto nella programmazione educativa, in grado di coinvolgere la classe nel processo di integrazione e di individuare gli specifici bisogni educativi degli alunni con interventi ponderati sulle condizioni personali di ciascuno e con la capacità di conoscere sia la specifica situazione del soggetto, sia quelle del gruppo classe. Tale concetto viene ulteriormente ribadito nella Circolare Ministeriale n. 250 del 3 settembre 1985[3]: “ciò significa che non si deve mai delegare al solo insegnante di sostegno l’attuazione del "progetto educativo individualizzato" poiché in tal modo l’alunno verrebbe isolato anziché integrato nel contesto della classe o nella sezione, ma che tutti i docenti devono farsi carico della programmazione e dell’attuazione e verifica degli interventi didattico-educativi previsti dal piano individualizzato”. La Legge Quadro n.104/1992 all’art.14 si occupa di definire il ruolo dell’insegnante di sostegno, assumendo la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui opera, partecipando alla programmazione educativa e didattica, nonché a un aggiornamento continuo in materia di handicap. La Legge Quadro, inoltre, individua gli strumenti necessari a una effettiva integrazione degli alunni con disabilità, quali: la Diagnosi Funzionale (DF), il Profilo Dinamico Funzionale (PDF) e il Piano Educativo Individualizzato (PEI).

Questo orientamento di valorizzazione del sostegno per l’attivazione di percorsi individualizzati per alunni con handicap e dell’insegnante di sostegno come esperto di didattica differenziata dentro la classe troverà un ulteriore punto di sviluppo nel Testo Unico L. 297/94[4] dove l’assegnazione dell’insegnante per le attività di sostegno alla classe rappresenta la “vera” natura del ruolo che egli svolge nel processo di integrazione: “I docenti di sostegno assumono la contitolarità delle classi in cui operano; collaborano con i docenti del modulo organizzativo di cui all’articolo 121, con i genitori e, con gli specialisti delle strutture territoriali, per programmare ed attuare progetti educativi personalizzati; partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse e dei collegi dei docenti” (art. 127). La prospettiva del ruolo dell’insegnante si sposta verso una logica sistemica, attraverso la sua funzione di coordinamento della rete delle attività previste per l’effettivo raggiungimento dell’integrazione.

Successivamente, con l’art. 21 della legge 59/97 (“Legge Bassanini”), viene istituita l’autonomia delle istituzioni scolastiche che costituisce la premessa per la flessibilità di tutto il sistema formativo e del percorso scolastico, non più governato interamente dal vertice, ma costruito dal basso, con il contributo delle comunità scolastiche e del territorio. In particolare, “l’autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa l’eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti”[5]. La  legge istitutiva dell’autonomia non parla ancora di personalizzazione, ma il richiamo al principio di sussidiarietà può essere letto per certi aspetti in questa direzione.

L’Allegato A del D. M. 30 settembre 2011[6], richiamando la L.104/92, esplicita il percorso di specializzazione universitaria del docente per le attività di sostegno e delinea il profilo in uscita del docente specializzato, tuttora attuale, elencandone le capacità, conoscenze teorico-pratiche, le metodologie tecnico-operative le competenze psico-educativo-relazionali, le competenze di gestione dei gruppi, le competenze digitali.

L’insegnante di sostegno, in tale contesto, è promotore della cultura dell’inclusione, ha il compito di progettare azioni formative mirate, per favorire un’educazione inclusiva non solo dello studente individuato come portatore di handicap, ma di tutti gli studenti con Bisogni Educativi Speciali (B.E.S.), come esplicitato nella Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012, che ribadisce che la presa in carico dell’alunno con BES è di tutto il team di docenti coinvolto, non solo dell’insegnante per il sostegno.

Il tema della responsabilità attiene in particolare alla deontologia professionale. Secondo la prospettiva di Morin (1999), l’etica non può essere insegnata, ma interiorizzata attraverso l’esperienza con l’altro e degli altri. Attraverso la condivisione di esperienze concrete e coerenti è possibile promuovere l’autonomia individuale, sviluppare il sentimento di appartenenza sociale e stimolare la partecipazione culturale attiva. L’etica della responsabilità, collegata alla libertà di insegnamento necessaria all’esplicazione del ruolo, configura un terreno relazionale di reciprocità e interdipendenza positiva tra i soggetti coinvolti. “Ciò è possibile mediante la costruzione partecipata di azioni educative e formative che abbiano una gittata ecosistemica per attraversare i confini comuni e creare spazi di mediazione, comunanza sorretta da sensibilità empatica volta a interpretare la differenza di ciascuno come risorsa, possibilità, progettualità”[7].

La relazione educativa è la risultante pertanto di un “campo” dinamico in continua trasformazione “centrata sul rapporto interpersonale tra l’educatore e l’educando, in un tempo lungo e continuativo e con una consistenza quotidiana molto rilevante, finalizzato ad una progressiva maturazione personale”[8]. Questo darebbe corretta espressione all’art. 1 del DLGS 297/94 che afferma che la libertà di insegnamento è garantita come "autonomia didattica e libera espressione culturale" ai docenti rispetto a due coordinate essenziali che dovrebbero evitare il rischio di una visione autocentrata e autoreferenziale di questa libertà. l’esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni”.

Il secondo valore formativo attiene alla capacità di sostenere l’altro, attraverso la fiducia nelle sue potenzialità verso il “suo” obiettivo/traguardo formativo. In questo senso è utile una riflessione sulla percezione di autoefficacia dell’insegnante che, secondo molti studi, è direttamente correlata al grado di successo formativo dell’alunno. La percezione di autoefficacia, tuttavia, non è un costrutto astratto, ma deriva dal bagaglio di conoscenze e di esperienze che informano le personali qualità cognitivo-relazionali dell’insegnante, sostenendone la flessibilità, la sensibilità, l’empatia e la reciprocità nell’intervento educativo.

L’autoefficacia è sempre collegata alle capacità di utilizzare approcci didattici efficaci e in un’ottica inclusiva la proposta didattica dovrebbe essere diversificata in chiave “universale”. In questo senso è utile fare riferimento ai principi dell’Universal Design for Learning[9] (UDL), elaborato dal Center for Applied Special Technology (CAST)[10]. La parola chiave è “flessibilità”, intesa come strumento per adattare, supportare e modificare le informazioni presentate agli studenti, in modo da garantire a tutti le stesse opportunità di successo formativo.

Il terzo valore formativo riguarda la capacità di “lavorare con gli altri” secondo gli statuti di “contitolarità” e “collegialità”, che “fanno riferimento ad un approccio educativo in cui insegnanti di classe, di sostegno ed educatori lavorano insieme in modo coordinato per formare sia dal punto di vista dei contenuti didattici che da quello delle autonomie e della personalità un gruppo eterogeneo di alunni in un ambiente scolastico integrato”[11]. La costruzione del progetto educativo in chiave inclusiva richiede un insegnante attento alla costruzione di una comunità “educante e integrante”, di un ambiente di vita in cui le relazioni interpersonali costruttive sono alla base del clima positivo della classe. Infatti “l’attenzione alla qualità degli scambi che avvengono entro la classe costituisce il setting ideale per promuovere i processi inclusivi”[12]. La scuola si configura quindi come un microsistema relazionale: “Un microsistema è composto da schemi di attività, ruoli e relazioni interpersonali, di cui l’individuo in via di sviluppo ha esperienza in un determinato contesto viso-a-viso, che hanno particolari caratteristiche fisiche concrete e che includono altre persone caratterizzate da distintivi tratti di temperamento, personalità e sistemi di credenze”[13]. Il quarto assunto formativo-professionale intravede nella formazione continua la capacità per l’insegnante di evolversi, di modificarsi in relazione ai bisogni educativi emergenti e ai rapidi cambiamenti sociali, attraverso un’attività metacognitiva di base che mette il docente in un assetto continuo di ricerca per “apprendere dall’esperienza” (Bion, 1994). La responsabilità del proprio apprendimento, specularmente a quello dei propri alunni, deve guidare l’insegnante quotidianamente nella formazione, con la consapevolezza che il “pensare” ed il “sentire” si sviluppano in stretta connessione come aspetti funzionali dello stesso insieme.

 

[1] GAZZETTA UFFICIALE n. 192 del 15 luglio 1977, Decreto Ministeriale 3 giugno 1977, Approvazione dei programmi dei corsi di specializzazione per il personale direttivo, docente ed educativo da preporre alle scuole ed istituti che perseguono particolari finalità. Su: http://www.integrazionescolastica.it/article/487

 

[2] CIRCOLARE MINISTERIALE 28 luglio 1979, n. 199, Forme particolari di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap (artt. 2 e 7 della legge n. 517 del 4/8/1977). Consultabile sul sito web: https://www.edscuola.it/archivio/norme/circolari/cm179_99.htm

[3] MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Circolare Ministeriale n. 250, 3 settembre 1985, Azione di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap. È consultabile su: http://bes.indire.it/wp-content/uploads/2014/02/Circolare-Ministeriale-3.09.1985-n.-250.pdf.

[4] GAZZETTA UFFICIALE - Serie Generale n.115 del 19-05-1994 - S. O. n. 79, Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado.

 

[5] GAZZETTA UFFICIALE - Serie Generale n.63 del 17-03-1997 - S. O. n. 56, LEGGE 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

[6] GAZZETTA UFFICIALE – Serie Generale n. 78 del 02-04-2012, Decreto Ministeriale 30 settembre 2011, Criteri e modalità per lo svolgimento dei corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno, ai sensi degli articoli 5 e 13 del decreto 10 settembre 2010, n. 249.

 

[7] M. MUSCARÀ, Scuola inclusiva e insegnante di sostegno, Pensa Multimedia, 2018, p.40

[8] M. SANTERINI, L’educatore tra professionalità e responsabilità sociale, La Scuola, Brescia 1998, pp.85-86.

[9] Il termine Universal Design for Learning (Progettazione Universale per l’Apprendimento) è stato coniato dall’architetto Ronald Mace per definire un metodo progettuale innovativo destinato a realizzare contesti inclusivi per le diverse attività umane (dall’abitazione, agli oggetti d’uso, ai contesti di studio, di tempo libero, all’urbanistica etc). Nella pratica educativa, è la capacità di progettare in modo da andare incontro alle diverse modalità di apprendimento e ai diversi contesti.

 

[10] G. SAVIA e P. MULÈ (a cura di), CAST, Universal Design for Learning (UDL) Guidelines version 2.0. Wakefield, MA: Author, 2011. Traduzione in italiano, versione 2.0, 2015. (PDF disponibile online)

[11] M. CAIRO, L’integrazione scolastica e sociale del bambino disabile: nuove figure professionali a confronto. In M. CAIRO (a cura di), Pedagogia e didattica speciale per educatori e insegnanti nella scuola, Vita e Pensiero, Milano 2007, p. 29.

[12]  M. MUSCARÀ, op.cit., p. 52.

[13] U. BRONFENBRENNER, Making Human Beings Human, Sage Publications, London 2005, p.148.